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Nascita e formazione

Il 10 gennaio 1913 Raffaele Marrocco, nominato l’anno precedente Regio Ispettore dei Monumenti e Scavi di Piedimonte d’Alife, scrive all’indirizzo del Sindaco Vincenzo Caso una nota avente ad oggetto Istituzione di un Museo Civico. È questo l’atto d’inizio della storia di un’istituzione che, fra alterne vicende, ha caratterizzato per tutto il XX secolo e fino ad oggi la vita culturale di Piedimonte Matese.

Raffaele Marrocco (1875-1949), ritenuto a pieno titolo fondatore del Museo che oggi porta il suo nome, fu un protagonista delle vicende culturali della sua città per tutta la prima metà del Novecento. Dipendente comunale, giornalista e scrittore di storia locale, mise la sua passione e la sua cultura classica al servizio dell’archeologia per quasi un quarantennio. Dal 1913 fu direttore del civico museo campano-sannita che solo nel 1926 assunse il nome di museo Alifano. Incrementò notevolmente la collezione archeologica comunale grazie ad acquisti e donazioni.

La collezione crebbe a tal punto che l’originaria ma angusta sede del museo, in via Ercole d’Agnese, venne ben presto abbandonata. Il museo fu perciò trasferito negli ampi locali dell’ex convento del Santissimo Salvatore, dove rimase fino al 1927, anno in cui fu portato nell’attuale sede.

Nel 1953 il museo fu arricchito da una nuova sala lapidaria e dalla Bibliotheca Scriptorum loci dove furono raccolti i libri scritti dagli autori locali. Negli anni successivi le collezioni continuarono ad incrementarsi con importanti opere e reperti a seguito di acquisizioni, lasciti e donazioni. Tuttavia, a causa di continui furti e delle rovinose condizioni in cui venivano tenuti i reperti, la Soprintendenza alle Antichità di Napoli nel 1973 ritirò il materiale archeologico e per alcuni decenni il museo civico rimase chiuso ed inaccessibile alla cittadinanza. Questo fino al 16 giugno 2013 quando è stato nuovamente inaugurato. Dal 2014 il Museo è sede di una mostra archeologica sui Sanniti, denominata Gens fortissima Italiae, e dell’antica mostra al primo piano relativa al periodo che va dal Risorgimento alla Seconda guerra mondiale, voluta fortemente dal suo fondatore, Raffaele Marrocco.

L’edificio

Il Museo ha sede all’interno di un pregevole complesso conventuale domenicano fondato negli ultimi anni del XIV secolo ai piedi del borgo di San Giovanni. La struttura fu inserita nei pressi del tessuto urbano in ottemperanza alle intenzioni dell’ordine di essere partecipe alla vita cittadina: due bolle papali di Bonifacio IX databili tra il 1389 e il 1404, testimoniano l’interesse di far approdare nel territorio pedemontano l’ordine di San Domenico di Guzmán.

Il convento e la chiesa furono edificati tra il 1394 e il 1414 per iniziativa di Sveva Sanseverino, moglie di Giacomo II Caetani dell’Aquila e signora di Piedimonte, pronipote di San Tommaso d’Aquino, santo al quale essi furono intitolati.

Nel 1414 il convento e la chiesa furono affidati all’ordine dei domenicani che vi rimasero fino al 1809, anno in cui il monastero fu soppresso. Successivamente il convento fu adibito a sottintendenza borbonica e, poi, a sottoprefettura del Regno d’Italia. Nel 1905 fu destinato a edificio scolastico e ulteriormente ampliato una ventina di anni più tardi.

La costruzione principale si articola intorno ad un chiostro grande, al quale si aggiunge sul lato nord- ovest un chiostro più piccolo.

Il chiostro maggiore, con la consueta struttura quasi quadrata, è scandito da 21 pilastri in muratura con copertura a crociera, sorretta da semplici e nudi pilastri, sormontati da archi gotici acuti, nelle cui vele sono state riportate alla luce nel 2008, dopo un restauro, ricche decorazioni ad affresco ritoccate a tempera datate tra il XVI e il XVII secolo. Si tratta di un complesso di opere d’arte valutabile all’incirca in 600 m² e composte da paesaggi, allegorie e decorazioni a grottesche.

Lungo le pareti si snodano, invece, le raffigurazioni agiografiche dove sono rappresentati soprattutto scorci della vita domenicana.

Il braccio nord-ovest del chiostro è quello al quale si accede dall’ingresso del museo. Sul lato sinistro sono rappresentati i 12 segni zodiacali, fatta eccezione per il segno dell’Acquario ormai non più visibile, divisi in base alle stagioni di appartenenza che, a loro volta, sono personificate da immagini. Sulla destra sono presenti, invece, le allegorie dell’Aria, dell’Acqua e del Fuoco. una quarta figura rappresenta una giovane con calzari dorati e un piccolo gonnellino.

Percorrendo il portico lungo il lato nord-est è possibile ammirare la raffigurazione di un cavallo baio colto al galoppo, una sorta di mappamondo e altri due oggetti di non chiara lettura. Proseguendo, in una cornice ovale viene ritratta una figura femminile seduta, che ha una lancia o un pugnale conficcato nel collo; per questo particolare attributo iconografico è stata identificata con Santa Lucia, martire morta a Siracusa tramite un pugnale per mano dell’uomo a cui era stata promessa sposa, ma che aveva rifiutato. Sulla parete nord-est è riconoscibile la scena di una famosa battaglia, quella di Lepanto avvenuta nel 1571.

Il braccio sud-est che, parzialmente tompagnato dall’abside della chiesa attigua, appare contraddistinto, su entrambi i lati, solamente da elementi decorativi. Negli spicchi della prima volta sono presenti mascheroni a mezza luna separati da alti incensieri. Unico rimando simbolico è dato dagli strumenti collocati nella parte alta della decorazione, ossia pennelli, squadre e tavolozze coi colori che richiamano l’arte del dipingere. Di seguito sono presenti due sfingi rappresentate di profilo. Gli spicchi successivi sono decorati invece da motivi vegetali, ghirlande, volute e uccellini. Infine si giunge al lato sud-ovest caratterizzato, in particolar modo, da rappresentazioni allegoriche e da personaggi biblici. Sulla destra è possibile ammirare una figura, probabilmente di donna, che regge con una mano un calice da cui esce un’ostia e, con l’altra, una lunga croce. Si potrebbe trattare dell’allegoria della Fede o della Religione. Proseguendo si incontra una seconda immagine femminile, ricoperta da una tunica gialla, che regge in una mano una corona e nell’altra un bastone decorato. Si suppone che si tratti dell’allegoria della Sovranità o, più probabilmente, di Talia, musa della poesia idilliaca e della commedia. Sulla sinistra, nella stessa volta, si trova una seconda figura femminile con una tromba a tubo dritto, ipoteticamente un’altra musa. Nella volta successiva è rappresentato, sulla destra, un giovane uomo che regge in mano una testa mozzata e nell’altra una scimitarra. Secondo l’iconografia si tratta di Davide con la testa mozza di Golia. Sul lato sinistro, invece, vi è una raffigurazione simile, sempre in ambito biblico, che vede Giuditta con in mano la testa di Oloferne. Nell’ultimo settore si trovano le allegorie delle virtù cardinali. Sulla destra è presente la Giustizia, con la spada, segno del suo potere, e la bilancia che indica la sua imparzialità. Sulla sinistra, invece, è visibile la Prudenza, posta su una sfera azzurra ai cui lati sono appoggiati elefanti grifi. La donna regge uno specchio, che allude alla capacità di non lasciarsi sedurre dalle apparenze fugaci, ed un serpente che richiama il passo dell’evangelista Matteo in cui dice “…siate dunque prudenti come i serpenti”. Proseguendo nell’ultima volta sono presenti le allegorie della Temperanza e della Fortezza. La prima regge tra le mani due anfore che alludono alla capacità di saper mitigare le forze. La seconda regge una colonna spezzata indice della forza.

Al chiostro minore, caratterizzato sul lato nord-est da ambienti a grotta con roccia basale a vista, si accede attraverso un corridoio con volta a botte. Sul lato nord-ovest vi sono gli ambienti dedicati alla sezione archeologica.

Le collezioni al piano terra

Sezione archeologica

Attraverso il chiostro minore è possibile accedere alla mostra archeologica sui sanniti inaugurata il 16 giugno del 2013. La mostra, intitolata “Gens fortissima Italiae: i sanniti nel territorio di Piedimonte Matese”, offre un’ampia gamma di reperti rinvenuti in gran parte durante gli scavi sul monte Cila. Le prime fasi del popolamento umano, attestato finora nell’odierno territorio della città di Piedimonte Matese, risalgono al neolitico (VI-IV millennio a.C.). Meglio documentato risulta invece l’eneolitico (IV-III millennio a.C.), molti reperti, poi, indicano una forte attività manifatturiera anche nell’età del bronzo e in quella del ferro.

A partire dall’età del ferro (IX-VIII sec. a.C.) queste zone furono popolate da genti che, grazie alle fonti antiche, sono state identificate come i sanniti pentri. Forse già intorno alla fine del IV secolo

a.C. le genti qui stanziate entrarono nella cittadinanza romana senza diritto di voto (civitas sine suffragio).

I reperti, contenuti all’interno della mostra, provengono principalmente dalle necropoli; le indicazioni più significative relative a questi contesti del territorio di Piedimonte Matese, riguardano in particolar modo il monte Cila dal quale provengono numerosi reperti, presumibilmente riferibili a sepolture databili tra il VII e il IV-III secolo a.C. Le tombe sono di tipo a fossa, spesso con copertura in pietra. Al loro interno sono stati rinvenuti arredi funerari e monili di varia natura. Nelle sepolture femminili sono stati ritrovati gioielli in bronzo, tra cui bracciali e collane di ottima manifattura; interessante il rinvenimento delle cosiddette fibule, ossia le spille che le donne sannite utilizzavano per sostenere il peplo, la classica tunica avvolta intorno al corpo. Il corredo funerario maschile, invece, è costituito soprattutto da armi e armature. I sanniti, come riportano anche le fonti antiche, erano un popolo di guerrieri: il corredo bellico comprende punte di spade, cinturoni e fibbie in bronzo. La collezione offre un gran numero di vasi e contenitori neri a figure rosse che ricordano le tecniche di lavorazione greca. Le raffigurazioni sono di tipo conviviale e ritraggono personaggi sanniti nella loro quotidianità. Notevole la presenza di statuette fittili votive rinvenute nelle necropoli, che ritraggono divinità, e le riproduzioni di parti anatomiche, anch’esse legate al culto.

La sezione archeologica è completata da alcune sale dedicate alle ville produttive di età romana con la ricostruzione in scala 1:1 di un torchio per la produzione del vino e l’esposizione di una serie di orci disposti scenograficamente per esemplificarne l’uso.

Sezione epigrafica

Sotto i portici del chiostro grande, nel chiostro piccolo e nel corridoio di collegamento tra i due, sono presenti varie epigrafi di epoca romana riferibili alla città di Alife e quella di Telesia. Si tratta per la maggior parte di epigrafi funerarie, come ad esempio quella dedicata a Titia Felicitas da parte del marito Seppius Fortunatus. Il testo è integro ad esclusione della prima riga, compromessa da una sfaldatura superficiale. La scrittura è una capitale epigrafica ben rifinita e dal modulo costante; è da datarsi intorno al I secolo.

Oltre alle epigrafi sepolcrali esistono anche quelle sacre, quelle di confine dette terminales, le instrumenta, le iscrizioni giuridiche, quelle relative alle opere pubbliche e quelle commemorative, come ad esempio l’epigrafe dedicata al senatore Fabius Maximus che aveva fatto ricostruire le terme di Ercole, probabilmente site nelle campagne limitrofe alla città di Alife.

Strumenti musicali

Nel corso del 2023, grazie ad una donazione del Sig. Guido Riselli (nota acquisita agli atti del Comune con prot. n. 16364/2023 del 10/07/2023), il Museo si è arricchito di una preziosa collezione composta da liuti artigianali appartenenti ad epoche e stili diversi, con strumenti che vanno dalla fine del XVIII secolo alla prima metà del XX secolo, con numerosi esempi dell’Ottocento. Si tratta di una collezione di grande pregio artistico e di notevole interesse storico-culturale, che a cui è stato dedicato uno spazio espositivo specifico, al momento ricavato nella Cappella della Madonna del Rosario, in modo tale da costituire, in maniera coerente ed unitaria, una nuova sezione museale, dotata degli opportuni apparati comunicativi e didascalici.

Farmacia storica

In una sala che prospetta sul chiostro grande è allestito un mobile farmacia in legno massello con parte superiore a vetrina disposto su due pareti e completato con il banco di vendita originale. Il mobile, che arredava la farmacia comunale di Piedimonte Matese, risale agli inizi del Novecento ed è stato oggetto di un recente restauro che lo ha riportato al suo pregevole aspetto originario.

Le collezioni al primo piano

Collezione civica

Al primo piano è sita la collezione civica nella quale sono presenti reperti relativi al periodo Risorgimentale e alle due guerre mondiali. La mostra, di carattere eterogeneo, ospita oggetti di materiali diversi (ceramiche, armi, arredi liturgici, bambole, ed altro) frutto di donazioni di famiglie ed enti locali. La sala mantiene tuttora la struttura voluta originariamente dal fondatore del museo, Raffaele Marrocco; le stesse teche presenti al suo interno sono quelle originali dell’inizio del Novecento.

Le bambole raffigurano i costumi tipici di alcuni paesi del Matese. Esse furono commissionate dallo stesso Raffaele Marrocco intorno al 1930. L’altezza media delle bambole è di 55 cm; sono state tutte realizzate in panno con vesti confezionati in materiali diversi. Secondo il Marrocco, i costumi popolari della zona matesina non differiscono sostanzialmente da quelli del napoletano per ciò che concerne gli elementi di base, fatta eccezione per il taglio e il colore, che per alcuni è più sgargiante, mentre per altri è più scuro. Tutte le bambole sono abbigliate secondo il costume tradizionale quotidiano: a differenza delle altre, la bambola di Letino indossa l’abito tradizionale della vedova. La bandiera della Legione del Matese fu donata alla città di Piedimonte Matese nel corso delle commemorazioni patriottiche del 26 settembre 1909.

Sono presenti una grande varietà di armi, databili tra ‘800 e ‘900, oltre a varie medaglie celebrative e a numerose monete antiche.

Nella sezione dedicata alle ceramiche vi sono piatti finemente decorati, giare, fiasche di diversa provenienza, catini, zuppiere e vassoi. Tra essi sono visibili diversi manufatti di Cerreto Sannita, riconoscibili per i colori sgargianti e per la perfetta tecnica decorativa. Una serie di tondi, datati al XVIII secolo, proviene invece da Castelli d’Abruzzo. Sono presenti inoltre diversi albarelli, vale a dire recipienti usati nelle antiche farmacie per contenere spezie, prodotti erboristici o preparati medicinali come unguenti, polveri ed elettuari.

La collezione è arricchita dalla presenza di una “scarabattola”, teca in legno e vetro nella quale è rappresentata una Natività su sfondo dipinto. Oltre alla Sacra Famiglia, posta al centro, si trovano due pastori, tre angeli e nove puttini, elemento tipico della scarabattola settecentesca, e cinque contadini, di cui tre donne e due uomini. I due personaggi posti in primo piano sono di dimensioni molto ridotte, probabilmente per dare profondità all’opera. Tutti i personaggi sono abbigliati secondo lo stile dell’epoca. Di grande impatto è l’affollamento di personaggi che rende l’opera singolare, considerando anche la quantità di angeli e puttini sul lato superiore. L’opera viene datata al XVIII secolo. La sua attribuzione è incerta, sebbene i due pastori siano stati ricondotti allo scultore Giuseppe Sanmartino.

Nella collezione civica al primo piano sono presenti cinque busti raffiguranti personaggi noti del territorio. All’ingresso è possibile ammirare il busto in marmo del conte Alfredo Gaetani d’Aragona, donato al museo dalla famiglia. Nella seconda sala sono esposti gli ultimi due sovrani borbonici: Francesco II di Borbone e Maria Sofia di Baviera. Nella terza sala sono presenti i busti di Ercole d’Agnese e di Alessandro Vessella.

La collezione civica comprende anche una portantina in legno; lo stemma sul fianco fa ipotizzare che appartenesse alla sfera ecclesiastica.

In alcune vetrine si conservano anche arredi, libri e paramenti sacri.

Una sezione specifica è quella dedicata alla strumentazione scientifica dell’Osservatorio meteorologico-astronomico che esisteva nel convento di S. Maria Occorrevole sul Monte Muto, fondato da Beniamino Caso nel 1875 e operante fino al 1940 circa. Restano nel Museo diversi strumenti, fra i quali un barometro, termometri, anemometro, pluviometro, sismografo, meridiana, un cannocchiale terrestre e un cannocchiale astronomico-terrestre del 1912.

Pinacoteca

La pinacoteca conserva opere a soggetto sacro e profano. Le prime due sale contengono dipinti di carattere sacro come il “Pianto della Madonna”, il “San Pasquale Baylon”, la “Maddalena penitente”, “Natività” e “San Sebastiano”. L’ultima sala ospita un “Paesaggio” e una “Natura morta”; infine è presente anche il “Ritratto di Beniamino Caso”, patriota e politico italiano, che visse  tra San Gregorio Matese e Piedimonte Matese tra il 1824 e il 1883. Interessante è il caso della crocifissione di Gesù presente nella prima sala sulla destra. Durante il restauro è stato possibile notare il cosiddetto ripensamento dell’artista, facendo attenzione, infatti, si possono intravedere, sul braccio destro della Madonna, due mani; con ogni probabilità l’artista, rendendosi conto  dell’asimmetria della figura, decise di ricoprire la mano con la pittura e di riproporzionare le dimensioni.

Nel 2023 la pinacoteca, grazie ad una donazione dell’Ing. Lorenzo Grillo (nota acquisita agli atti del Comune con prot. n. 17737/2023 del 27/07/2023), si è ampliata con n. 5 tele pittoriche realizzate dal Prof. Raffaele Grillo, tra gli anni ’30 e ‘60 del Novecento, che ritraggono panorami e scorci della città di Piedimonte Matese e del paesaggio circostante. Considerato il pregio storico-artistico delle opere e il loro notevole interesse come documenti della storia urbanistica e paesaggistica della città e del territorio, un approfondimento specifico è stato dedicato alla figura e alla produzione artistica di Raffaele Grillo, con apparati comunicativi e didascalici volti ad illustrarne l’articolata personalità di architetto, pittore, ornitologo, naturalista.

Pergamene

La collezione è arricchita da pergamene e manoscritti che furono oggetto di studio da parte di Dante Marrocco, figlio del fondatore del museo, a partire dal 1948, anno in cui succedette al padre nella gestione del museo stesso. Questi documenti attestano uno spaccato sociale dell’area del Sannio alifano nel corso del tempo. La maggior parte delle pergamene e dei manoscritti furono donati da privati cittadini e riguardano la carica dei Sanframondi, nobile stirpe normanna che dominò per un secolo il Matese orientale. Tra essi è presente il Privilegio dell’imperatore di Carlo VI d’Asburgo, redatto a Vienna il 24 dicembre 1730; è costituito da 16 pagine di pergamena, unite da un nastro di seta gialla, recante il sigillo dell’imperatore: esso rappresenta il documento ufficiale con cui si eleva a città la Terra di Piedimonte. Vi è inoltre il diploma del conte de Harrach datato al 17 agosto 1731; è costituito da 12 pagine pergamenate unite con nastro di seta gialla e promulga il privilegio di Carlo VI.

Auditorium e spazi di fruizione.

Il Museo, con il recupero funzionale dell’ex convento domenicano, garantisce la possibilità di utilizzare ampi e prestigiosi spazi per attività culturali e ricreative aperte alla città e al territorio, coniugando approfondimenti culturali e azioni ludiche, formazione e svago. Anche i fruitori occasionali delle attività che si svolgono nel chiostro grande o in quello piccolo, oppure nell’Auditorium, hanno sempre potuto incontrare, attraverso le opere e i reperti custoditi, le storie che il Museo civico conserva, rafforza e tramanda ai diversi pubblici.

Indirizzo

Largo San Domenico n. 2 – Complesso monumentale di San Tommaso d’Aquino

Orario di apertura al pubblico

Lunedi – dalle ore 9:00 alle ore 13:00

Martedì – dalle ore 9:00 alle ore 13:00 – dalle ore 15:00 alle ore 17:00

Mercoledì – dalle ore 9:00 alle ore 13:00

Giovedì – dalle ore 9:00 alle ore 13:00 – dalle ore 15:00 alle ore 17:00

Venerdì – dalle ore 9:00 alle ore 13:00

Contatti

museo@comune.piedimonte-matese.ce.it

Link utili

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Profilo instagram mu.ci.ra.ma

Sistema Museale Terra di Lavoro: https://sistemamusealeterradilavoro.it/?venue=museo-marrocco

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