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Chiesa di San Tommaso d’Aquino

Parte integrante del complesso dell’ex Convento di San Tommaso d’Aquino, troviamo l’omonima chiesa che si presentava con la costruzione ed arredamento tipica della semplicità domenicana con un’unica aula coperta da tetto a capriate in legno successivamente restaurate con volti a botte. Più volte ristrutturata nel Seicento, su volontà di Cecilia Acquaviva, moglie del Duca Antonio Gaetani, si ammodernò in stile barocco. Dall’ingresso sul lato sinistro troviamo la prima cappella indicata come Cappella del Presepe. Inizialmente si presentava con un quadro della Natività di Nicola Maria Rossi successivamente sostituita da una tavola di San Pietro da Verona, datata 1552, di Battista Aretino e, dopo la costruzione del campanile sul finire del XVI sec, da affreschi di Belisario Corenzio.

Nel riquadro centrale Dio, il Cristo e lo Spirito Santo adornano la corona che attende la Vergine Madre dopo il suo trapasso fisico. Circondata da Sante quali Sant’Elena, Santa Lucia, Santa Barbara e Sant’Orsola e da angeli ci si accorge della predominanza della figura femminile.

La cappella, invece, del SS. Rosario fu fatta costruire da Agnesella Gaetani nel 1444. Circa trecento anni più tardi, tra il 1774 ed il 1780, la cappella andò incontro a delle trasformazioni come la sostituzione dell’altare in legno con uno in marmo così come furono coperte alcune scene affrescate. Nella cappella di San Domenico, che conserva la statua del santo, le fonti fanno riferimento a due quadri, uno riferito alla nascita della Vergine mentre l’altro è indicato come l’ovale di San Carlo Borromeo. Sulla parete opposta troviamo tre opere su tavola quali, l’Invenzione della Vera Croce che ci riconduce ad un episodio legato a Sant’Elena; la Trinità su cui ci sono diverse fonti che attribuiscono l’opera a Belisario Corenzio o a Leonardo Castellano, e la Circoncisione di Cesare Smet.

Infine l’altare settecentesco è arricchito da marmi policromi nella cui parte frontale è inserita l’immagine del Santo. Posteriormente all’altare si osservano, con gusto tipicamente quattrocentesco, cori lignei con due mensole che originariamente erano la base dei busti di San Floriano e San Ercolano.

Chiesa del SS. Salvatore

Inizialmente ubicata nell’attuale zona della stazione, le sue origini sono da far risalire in epoca Longobarda quando il Duca di Benevento, Arechi II, concesse il terreno ed i fondi per la costruzione di una chiesa ed annesso monastero. Successivamente al 1568, in attuazione delle direttive del Concilio di Trento, che stabiliva lo spostamento dei monasteri femminili all’interno del centro abitato, fu fatto costruire il nuovo convento a cui fece seguito, circa un secolo dopo, la costruzione di una nuova chiesa, ad opera della badessa Donna Caterina Casta Paterno, in sostituzione di quella più piccola usata dalle monache. L’edificio fu realizzato in pieno stile Barocco dai maestri Giacomo Ferretti e Nunzio Melone di Afdena e Giovan Battista Scala di Napoli.

La facciata è semplice ed è sviluppata su tre piani di cui l’ultimo più somigliante ad una loggia coperta con tetto ad arcate. Nella chiesa era venerato l’affresco ligneo raffigurante la Madonna della Neve, in puro stile medievale.

Il vicino monastero, dopo il trasferimento delle suore, perse la propria funzione e dopo varie ristrutturazioni fu adibito ad abitazione civile.

Cappella di San Biagio

La chiesa oltre a rappresentare la vita spirituale in terra è la chiara dimostrazione del tessuto storico quattrocentesco della Campania dimostrando e tramandando come nella prima metà del ‘400 la città di Piedimonte fosse importante centro della cultura tardo gotica grazie alle opere dei Gaetani ma anche dei mercanti, a dimostrazione dei continui rapporti artistico culturali con Napoli. Probabilmente la committenza della chiesa fu voluta dalla famiglia De Jacobutiis (Nicolò di Giacobuccio) tant’è vero che ancora nel 1664 la famiglia godeva del diritto di patronato sulla chiesa. Annesso alla stessa, come testimoniato da alcuni documenti risalenti al 1535, c’era un ospedale ed ospizio per i viandanti poveri e per i pellegrini. All’interno si possono ammirare gli affreschi che seguono tutta l’estensione della chiesa. Partendo dalla campata all’ingresso si può ammirare L’infanzia di Cristo, le Storie della vita di San Biagio, come il martirio e la decapitazione, l’Annunciazione sulla parte di fondo dell’altare e sulla volta della seconda campata le Storie dell’Antico Testamento.   

Basilica Pontificia di Santa Maria Maggiore

Lunga 45,65 m, larga m 24,10 ed alta al centro della cupola circa 26 m, la prima pietra per la costruzione del luogo di culto fu posta il 7 aprile 1725 dal vescovo Porfirio e benedetta il 7 agosto 1773 dal vescovo Sanseverino con l’intitolazione all’Assunta e a San Marcellino. I lavori di ultimazione si protrassero fino alla metà del XIX sec. per poi essere definitivamente consacrata nel 1860 dal vescovo Di Giacomo.

Suddivisa in tre navate separate da arcate a tutto sesto, ha subito nel corso degli anni alcune ristrutturazioni come il rifacimento della volta a botte nel 1935 a causa di un crollo avvenuto l’anno precedente. L’anno successivo, invece, il vescovo Noviello commissionò a Giacomo Bocchetti la decorazione con affreschi riguardanti San Marcellino. Le navate laterali ospitano ciascuna quattro cappelle. Nella prima navata a sinistra, adibita a battistero, troviamo l’affresco del Battesimo di Cristo, ed a seguire la cappella una volta dedicata a San Raffaele. Bisogna, però, sottolineare che le dediche originarie delle cappelle non trovano riscontro con le opere presenti oggi poiché, ad esempio, dal 1934 alcune opere sono state sostituite da 5 dipinti rinascimentali, come la Madonna con BambinoSan Giacomo Maggiore e Santa Margherita, ed il martirio di San Marcellino. Oltre al dipinto possiamo ammirare il busto in argento del Santo Patrono a testimonianza della fede della città nel Santo. Nell’originaria cappella intitolata al Sacro Volto, possiamo ammirare una delle opere più significative che troveremo nell’intera città di Piedimonte Matese, il polittico con la Madonna in trono col Bambino tra i santi. L’ultima delle tavole rinascimentali trasportate dalla chiesa di San Giovanni Battista è una Madonna con Bambino incoronata raffigurata all’interno di una cornice di nuvole. In definitiva si può dire che la Basilica è un vero e proprio museo di arte sacra.

Chiesa di San Giovanni Battista

Risalente al VI sec, diede il nome all’antico borgo ma data la sua struttura gotica le sue origini potrebbero essere antecedenti al IV sec, tant’è vero che alcuni storici parlano di una prima ricostruzione nel ‘500.

L’interno è ristretto; ha l’altare maggiore rinnovato nell’ultima parte del ‘700 (presumibilmente dallo stesso autore della chiesa di S. Maria); particolarità della chiesa è la posizione inusuale del campanile costruito centralmente in maniera perpendicolare all’entrata; a sinistra entrando l’altare del Titolare, il Precursore del Cristianesimo, e di fronte l’altare a S. Lazzaro. La statua appare ricoperta di piaghe per cui non è ben chiaro chi rappresentasse, se il risuscitato oppure il mendicante della parabola: veniva festeggiato l’11 Febbraio, e vi affluivano pellegrini specie se affetti da piaghe, che vi lasciavano ex voto di cera. L’abside con volta a crociera conserva la sua struttura gotica con altare ottocentesco in legno.

Per secoli una delle funzioni della chiesa era risuonare il coprifuoco durante la notte, fin dopo il 1860, dopo di che era obbligatorio uscire con lume.

Fu officiata dai canonici di S. Maria fino al 1835. La prima domenica di settembre si venera e si celebra una festa alla Madonna della consolazione, raffigurata seduta su di un trono.

Un crocifisso e cinque tavole rinascimentali, e un Martirio di S. Marcellino del ‘600 sono stati trasferiti a S. Maria Maggiore.

Chiesa di San Sebastiano

Realizzata nel corso del XVII sec., ad opera della stessa Confraternita di S. Maria Occorrevole, ed affacciata sull’omonimo largo aveva una posizione di raccordo tra i quattro luoghi del centro storico antico, Borgo San Giovanni, lo Scorpeto, San Rocco e Monte Muto. Fu consacrata nel 1709 dal vescovo Porfirio. Da quell’anno e nella data precisa della consacrazione, era concesso ai confratelli di concedere l’indulto. Quando si estinse la confraternita la chiesa passò alle Opere pie e dal 1866 alla Congrega di Carità. Oggi, a distanza di secoli non si officia più e risulta appartenente ai beni immobili del Fondo Edifici di Culto concernente al Ministero dell’Interno.

Chiesa di San Rocco

Così come la chiesa di San Sebastiano, fu fatta costruire dalla confraternita di S. Maria Occorrevole nel 1528 sul terreno donato da Maria Trutta a cui la stessa congrega si impegno nel celebrare una volta a settimana una messa di suffragio a nome di suo marito Onorato Contenta. Nella gestione della chiesa nel novembre del 1611 subentrò la Confraternita di Morte ed Orazione. Tra le altre cose una delle attività principali della confraternita consisteva nel servizio funerario per coloro che morivano in abbandono e povertà; gli stessi si impegnarono, in segno di devozione ed omaggio a portare un cero del peso di una libbra nel giorno della Pentecoste. Nel 1743 San Rocco venne elevato a santo coprotettore di Piedimonte insieme a San Marcellino.

La chiesa si presenta con navata unica con due altari ad ogni lato. A sinistra troviamo l’altare dedicato a San Michele Arcangelo risalente al XVIII sec di autore ignoto; subito dopo segue l’altare dedicato alla Madonna Assunta con una nicchia che ne conserva la statua. Al centro l’altare maggiore con alle spalle la tela della Vergine e le anime purganti. Di fronte l’altare dell’Assunta troviamo l’altare di San Rocco con la nicchia contenente la statua del Santo; infine l’altare dedicato a San Nicola di Bari come si evince dalla tela settecentesca dipinta dall’artista piedimontese Antonio Cipullo. Probabilmente fu proprio la Confraternita Morte e Orazione a commissionare l’opera e ricordando l’attività principale che svolgevano, si capisce che la presenza di San Nicola non è casuale poiché al Santo era riconosciuto, non solo i miracoli fatti come l’aver resuscitato tre bambini uccisi, ma anche come colui che portava la buona morte per cui, come rappresentato dal quadro, il vangelo che tiene in una mano aveva il potere di salvare o condannare.

Cappella dell’Addolorata

Sorta di fianco alla chiesa di San Rocco, dalla quale esce la raccolta processione del Venerdì santo, nella Cappella dell’Addolorata troviamo due opere degne di nota: il Crocifisso ed il Cristo Deposto entrambe databili nel XVII sec.

Chiesa di Santa Lucia ad Aquas

Della chiesa, definita Ad Aquas per la vicinanza al torrente Maretto, si ha notizia già dal XII sec. quando era intitolata alla SS. Trinità in cui officiavano le messe i Canonici di S. Maria (la chiesetta vicino al Palazzo Ducale ed abbattuta nel 1772). Nasce come cappella sussidiaria ma nel 1763 l’allora vescovo Sanseverino la annettè al seminario di Alife, diventando così di pertinenza della parrocchia Ave Grazia Plena alla Vallata.  Nel 1943 fu distrutta dai tedeschi e rifatta, nella forma attuale, nel 1956.

Chiesa di San Marcello e San Michele Arcangelo

Riguardo la costruzione della chiesa aleggia la leggenda secondo cui il marchese Clemente Onoratelli, ossessionato dal gioco strinse un patto con il diavolo in modo che non potesse mai perdere ma questo gli procurò, con il tempo, stati d’ansia ed insonnia così una notte gli apparve San Michele Arcangelo che lo rassicurò dicendogli che se avesse eretto una chiesa in suo onore avrebbe annullato il patto e sarebbe diventato il protettore della sua famiglia. Così, il marchese, fece costruire la cappella proprio avanti al suo palazzo. La facciata riprende la tipologia di costruzione tra il tardo barocco romano e le tecniche napoletane. L’interno si presenta a navata unica con abside in cui si trova il dipinto raffigurante San Michele Arcangelo. Spicca infine, in una delle sei nicchie laterali, per il particolare pregio il simulacro ligneo del XVIII sec. di San Bartolomeo.

Chiesa della Madonna di Loreto

La chiesa fu eretta li dove apparve la Madonna di Loreto a due ragazzi della famiglia Dell’Ungaro. Proprio nel posto dell’apparizione fu costruita una prima edicola, tutt’ora esistente, a ricordo dell’avvenimento. Solo agli inizi del XX sec. si pensò alla costruzione di una chiesa, avviata grazie al contributo dei fedeli ma per lungo tempo, visto che i lavori si protrassero, rimase come costruzione rustica. Infatti, non essendo ancora consacrata, durante la seconda guerra mondiale, l’esercito americano la utilizzò come deposito per armi e munizioni. Fu grazie all’intervento degli agricoltori del luogo e dei residenti che nel 1992 ripresero e furono ultimati i lavori di ristrutturazione.

Chiesa di Sant’Antonio di Padova

L’edificio originario della chiesa risalirebbe al XIII sec. come commenda dell’Ordine Teutonico. Consisteva nell’uso di affidare ad un laico la gestione indiretta e per mezzo di un vicario della chiesa. Era in tutto e per tutto un beneficio. Nel 1952, la chiesa, subì un ridimensionamento per la realizzazione della nuova strada. Particolarità che colpisce è che era ed è uso e costume far benedire, nello stesso giorno della festività del Santo, gli animali. 

Chiesa di Santa Maria del Carmine

Costruita intorno alla metà del XVII sec. fu curata, non da subito, dai Padri Celestini i quali ottennero la concessione di trasferirsi dal loro convento in Alife, dal vescovo Dossena, in conseguenza alle continue incursioni di ladri ma anche a causa di una grave epidemia di peste nel 1656. A seguito di questi avvenimenti furono autorizzati, dallo stesso vescovo, a costruire, in maniera adiacente alla chiesa, un convento. Inizialmente dedicata a S. Maria della Sanità e denominata della Dottrina Cristiana possiamo affermare che già prima del 1630, come riportato su di una campana, fosse presente una Congregazione dedita all’insegnamento e l’educazione catechistica.

Grazie alla presenza di un abate, il convento fu elevato ad Abazia ma, agli inizi dell’800, in conseguenza delle leggi di soppressione degli ordini religiosi di Murat, fu chiusa al culto; fortunatamente, però, solo per poco tempo poiché di lì a poco vi ci si trasferì l’Arciconfraternita del Carmine la quale portò campane, dipinti e statue della Vergine del Carmelo, di S. Anna e di S. Angelo Martire. Le prime due, però, furono portate via dall’alluvione del 1857 e ritrovate mutilate in alcune loro parti.

Sul portale è ben visibile un bassorilievo in stucco raffigurante la Vergine del Monte Carmelo (XX sec.) mentre l’interno si presenta a pianta centrale con alto tamburo. Scampati agli eventi relativi all’alluvione del 1857 ed all’incendio del 1975, rimangono il mezzo busto di Sant’Angelo Martire (reliquario del XVII sec.) con saio nero e cappa bianca dei carmelitani ed il dipinto, sempre risalente agli inizi del XVII sec., raffigurante la Deposizione della Croce.

L’ex convento, dopo la soppressione degli ordini ecclesiastici, fu, con decreto del 29 giugno 1813, ceduto al comune divenendo sede della procura e successivamente all’unità d’Italia, carcere per la detenzione dei briganti. Di questo periodo si sa per certo che l’allora vescovo Di Giacomo accompagnasse i briganti alla fucilazione che si teneva in Largo la Cavallerizza, attuale piazza Caso, e di lì alla sepoltura.

Convento e Chiesa di S. Benedetto

Fatte costruire dalla Duchessa Porzia Carafa Gaetani nel 1646 (qui si fece seppellire) e da quanto risulta dalla storiografia, le prime due abitanti del convento furono le figlie della Duchessa stessa. L’architettura della struttura risulta essere più recente (primi anni dell’800) a seguito del cambio d’uso, in parlatorio, della stessa. La nuova chiesa fu consacrata dal vescovo Puoti nel 1831 e fu voluta nella forma attuale per richiamare i più classici riferimenti rinascimentali con facciata rivestita in marmo e con pianta a croce greca. All’interno, sulla sinistra dell’altare troviamo la pala, realizzata dal pittore siculo Michele Ragolia (1674), raffigurante la Madonna in Gloria circondata da Sa Giuseppe da un lato e san Benedetto dall’altro con al centro il corvo con il pane a ricordo del miracolo del Santo. L’opera fu commissionata dalla Duchessa Diana de Capua, madre di Alfonso II d’Aragona, marito della fondatrice del monastero. A testimonianza del tempo troviamo le grate in legno d’orato, tipiche del periodo, che permettevano alle monache di presenziare, non viste, alla messa. Appena sotto la grata, alle spalle dell’altare si può osservare il dipinto, ad opera, probabilmente del pittore spagnolo Luis de Morales, della Madonna della Purità. Probabilmente l’opera è una copia dell’originale dipinto presente nella cappella della Purità in san Paolo Maggiore a Napoli.

Santuario di Ave Gratia Plena

Il santuario rappresenta il vero fulcro della vita religiosa del quartiere. Eretto, con tutta probabilità durante la seconda metà del XVI sec. su di un edificio risalente tra il IX e X secolo, quando ci fu, dopo gli attacchi da parte dei Saraceni, un primo esodo dei cittadini alifani verso Piedimonte. Negli anni al santuario sono state apportate molte modifiche ed ampliamenti, infatti, a testimonianza delle continue opere di restauro, quando fu consacrato dal vescovo Pietro Paolo de’ Medici nel 1640, i lavori dovevano essere ancora completati. Infatti, il campanile ed il portale furono ultimati nel 1694 e solo nel XX sec. i lavori furono terminati.

Il portale è in stile barocco mentre la pianta della chiesa conserva le caratteristiche tipiche dell’architettura meridionale in cui è riconoscibile uno schema costruttivo divisibile in quattro blocchi: la navata principale, le navate laterali, l’abside ed il presbiterio.

Lateralmente, nelle navate laterali, ci sono cinque cappelle ognuna; bisogna però specificare che subirono l’influenza architettonica spagnola, detta Retablo a parete, quindi è improprio parlare di cappelle ma più che altro possiamo far riferimento ad altari in legno sovrastati da immagini sacre in legno dorato. La decorazione della navata centrale in stucco è in pieno stile roccocò che culmina con la rappresentazione dell’annunciazione sull’arco che sovrasta l’abside. L’Annunciazione è presentata come un’opera teatrale dove i tendaggi sono tenuti aperti dai puttini.

L’abside si presenta decorata con affreschi e tele dove è rappresentata la celebrazione della Vergine Maria attraverso avvenimenti che vanno dalla nascita alla morte con le opere su tela della Nascita della Vergine, la Visita a S. Elisabetta e l’Assunzione. Di particolare magnificenza, nell’omogenea rappresentazione della vita della Vergine, troviamo l’opera di Nicola Maria Rossi datata 1732, delle Nozze di Cana in cui si assiste al primo miracolo di Gesù, su invito della Madre, con la trasformazione dell’acqua in vino.

Le due cappelle laterali al presbiterio troviamo, in quella di sinistra, la statua in tutto tondo dell’Immacolata Concezione (1763 ad opera di Gennaro D’Amore), mentre in quella di destra possiamo ammirare l’opera lignea o ancòna dell’artista De Martino in cui rappresenta l’Annunciazione e l’incoronazione della Vergine. Lungo la stessa navata, in quella che era la cappella dell’Annunciata troviamo l’opera, di inizio XVII sec., attribuita al siciliano Rodriguez in cui è rappresentata L’ultima cena. Insistendo lungo la stessa navata abbiamo modo di osservare la pala raffigurante la Madonna in gloria con S. Francesco e S. Rocco.

Nella navata di destra, è posizionata l’opera della Crocifissione influenzata dall’arte sacra spagnola, in cui la tela dipinta fa da sfondo al crocefisso in legno. Nella quinta cappella troviamo l’opera con l’Adorazione dei Pastori realizzata sempre nel XVII sec. da Girolamo Imparato.

Infine, le altre opere sono: nella quarta cappella San Girolamo del XVIII sec. e nella quinta cappella i Figli di Zebedeo del Balducci.    

Chiesa di San Filippo Neri

Fu fondata nel 1661 da devoti del santo come chiesa ricettizia innumerata. Urge fare una precisazione. Questa determinata tipologia di chiesa è molto importante per la storia del clero meridionale, poiché erano considerate come associazioni di preti nativi del luogo, riconosciuti come persona giuridica fino al 1867, divenuti partecipanti o porzionari, che gestivano un bene di natura laica generalmente appartenente a famiglie private o alle università. La nomina dei partecipanti veniva operata dai comuni (ricettizie Comunie) o dalle stesse famiglie locali (ricettizie familiari). Effettuata la scelta, interveniva il funzionario diocesano che controllava l’idoneità spirituale degli scelti. Come le odierne associazioni ed in base allo statuto delle stesse le ricettizie si dividevano in numerate, cioè a numero chiuso, oppure innumerate, quindi con numero di sacerdoti e clerici aperto. Infine e sempre secondo statuto si dividevano in semplici o curate, a seconda se dovevano o no occuparsi della cura delle anime ma potevano essere anche patrimoniali poiché il vicario curato, che svolgeva le funzioni del parroco, aveva diritto ad una quota parte delle rendite della chiesa.

Tra il 1752 ed il 1754 furono apportate delle modifiche alla chiesa a consolidamento della cupola e nella stessa data di ultimazione dei lavori (10 maggio 1754) ci fu la riapertura con benedizione del Canonico Rossi. L’anno successivo fu fatta realizzare la statua dell’Addolorata e quasi contestualmente fu fondata la Congregazione della Beatissima Vergine dei sette dolori. Tra il 1758 ed il 1759 furono apportate altre variazioni tese ad ampliare la chiesa per far posto al coro ed alla sacrestia. Dopo la soppressione delle chiese ricettizie e venendo a mancare chi officiasse le messe nel 1875 vi si trasferì la Confraternita si Santa Maria della Libera i quali apportarono delle migliorie come gli stalli lignei del coro. Ben conservati sono il busto settecentesco del santo e la statua lignea della Madonna della Libera. Di particolare fattura è la tela che raffigura la Madonna delle grazie con San Filippo e San Gaetano da Thiene. Di elevata lavorazione è la scultura a tutto tondo di S. Luigi Gonzaga realizzata nei primi anni del XX sec.

La chiesa è stata riaperta al culto nel 2005 riprendendo, conseguentemente, anche i festeggiamenti per San Filippo (26 maggio) e di Santa Maria della Libera (8 settembre).

Chiesa S. Antonio di Padova

Nata come chiesa sussidiaria e voluta da una parte della popolazione che ne curò la costruzione, la manutenzione e la trasformazione secondo l’architettura ecclesiastica. La chiesa si presume sia sorta nella metà del XVIII sec. ma della struttura originale rimane solo il portale d’ingresso, di fatto l’utilizzo ed i miglioramenti della chiesa sono ripresi solo nel XX sec. ad opera di alcune famiglie del luogo che hanno provveduto alla ricostruzione. Fu creata un’abside dove troneggia, alle spalle dell’altare la statua di S. Antonio, sostituita nel 1911 con una più grande. I lavori di ampliamento sono durati fino al 2007 quando, grazie alla donazione da un ambiente attiguo da parte della famiglia Pascale, furono create una seconda navata laterale ed una nuova sacrestia. Nel 1977 furono donati due dipinti raffiguranti il santo e solo di recente la statua dell’Immacolata. Ad oggi la chiesa viene aperta al culto in occasione della celebrazione in onore di Sant’Antonio.

Chiesa Madonna delle Grazie

Realizzata nel luogo dove, a partire dal finire del XV sec. furono costruite varie cappelle, nel 1710 la Principessa Aurora Sanseverino, fece edificare, con il nome della SS Concezione o della Pietrasanta la Chiesa superiore da tutti conosciuta come la Chiesa della Madonna delle Grazie, unitamente al convento.

Sia il Convento che la Chiesa furono inizialmente offerti ai Padri dell’ordine di San Francesco i quali, eremiti e mendicanti secondo i dettami del Santo, rifiutarono ed il complesso, solo un anno dopo la sua costruzione fu donato a Padre Cozzani dei Chierici Regolari minori.

A seguito della soppressione dell’ordine la struttura rientrò in possesso dei Gaetani i quali ebbero l’obbligo di sovvenzionare e mantenere aperta la chiesa e di portare in sposa le fanciulle povere della città.

La Chiesa superiore, restaurata nell’immediato dopoguerra viene aperta solo in occasione della novela alla Madonna a chiusura del mese mariano ed è proprio qui che fu sepolta la Principessa Aurora Sanseverino, morta nel 1726 a soli 57 anni.

Chiesa di San Giuseppe

Come ogni anno, nel mese di marzo si festeggia e si ricorda la figura di San Giuseppe nell’omonima chiesa di edificazione settecentesca di appartenenza della Fam. Sposato. La chiesa si presenta, al suo interno, con uno stile molto semplice con un altare sovrastato da un affresco rappresentante la Madonna con bambino tra San Giuseppe e San Pasquale Baylon. La venerazione di San Giuseppe e ben radicata nel quartiere, che nel corso del mese di maggio si ritrova all’interno della chiesa nella recita del Rosario.

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